Assegno divorzile: la convivenza prematrimoniale conta ai fini della quantificazione (Sentenza Cassazione n. 35385/2023)
- Rachele Bordi

- 29 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Con la sentenza n. 35385/2023, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione di grande rilievo in materia di assegno divorzile: la rilevanza della convivenza prematrimoniale nella determinazione dell’importo dovuto all’ex coniuge.La decisione si inserisce nel solco della giurisprudenza più recente, che tende a riconoscere la convivenza “more uxorio” come un elemento significativo per valutare la durata effettiva del legame e il contributo reciproco dei partner.

Il principio affermato dalla Cassazione
La Corte ha stabilito che la convivenza prematrimoniale stabile e duratura può essere considerata ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile, purché sussistano determinati requisiti:
stabilità e continuità della relazione;
comunione di vita e di intenti economici tra i conviventi;
contributo economico e personale dato da uno dei partner alla formazione del patrimonio familiare o professionale dell’altro.
In altre parole, non è necessario che il matrimonio duri molti anni per giustificare il riconoscimento dell’assegno: anche la fase di convivenza precedente può incidere sul calcolo dell’importo.
Il contesto giuridico dell’assegno divorzile
Dopo la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018, l’assegno divorzile non ha più una funzione puramente assistenziale, ma anche compensativo-perequativa.Questo significa che serve non solo a garantire all’ex coniuge economicamente più debole un tenore di vita dignitoso, ma anche a riequilibrare i sacrifici e i contributi forniti durante la vita coniugale (o convivente).
Secondo la Cassazione, la convivenza prematrimoniale può dunque incidere sul giudizio di riequilibrio patrimoniale, se ha avuto un ruolo effettivo nella formazione della ricchezza familiare.
Il caso concreto esaminato dalla Corte
Nel caso di specie, una donna chiedeva un assegno divorzile sostenendo di aver contribuito per oltre dieci anni alla carriera e all’attività professionale del marito, con il quale aveva convissuto ben prima del matrimonio.Il giudice di primo grado aveva riconosciuto un assegno modesto, calcolato solo sulla durata legale del matrimonio.La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso, stabilendo che:
la convivenza prematrimoniale stabile e consolidata va considerata nella valutazione della durata del rapporto;
i contributi economici e morali prestati prima del matrimonio possono assumere rilievo compensativo;
il giudice deve valutare globalmente l’intera storia relazionale e non solo il periodo formalmente coniugale.
Implicazioni pratiche della decisione
Questa pronuncia amplia le tutele per chi, pur non essendo sposato per lungo tempo, ha partecipato in modo significativo alla vita economica e personale del partner.In particolare, ciò comporta che:
il periodo di convivenza può influire sulla durata del vincolo da considerare ai fini del calcolo dell’assegno;
il contributo non patrimoniale (cura della casa, sostegno alla carriera, rinuncia ad opportunità lavorative) è rilevante;
si rafforza la funzione equitativa e compensativa dell’assegno divorzile.
Come far valere i propri diritti in caso di divorzio
Chi intende richiedere o contestare un assegno divorzile deve agire con una strategia legale ben fondata.È consigliabile:
raccogliere documenti e testimonianze che dimostrino la stabilità della convivenza e il contributo dato al partner;
valutare, con un avvocato esperto in diritto di famiglia, l’opportunità di far valere tali elementi nel procedimento di divorzio;
evitare di agire in ritardo, poiché il giudizio sull’assegno si basa su prove concrete e tempestive.
Conclusione
La sentenza Cass. n. 35385/2023 segna un passo importante verso una visione più moderna e realistica delle relazioni affettive.Riconoscendo rilievo alla convivenza prematrimoniale, la Corte di Cassazione valorizza il principio di solidarietà e di equità sostanziale che ispira l’intera disciplina dell’assegno divorzile.
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