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Diritto di famiglia: assegno divorzile dopo la riforma Cartabia – sentenza chiave della Cassazione

  • Immagine del redattore: Rachele Bordi
    Rachele Bordi
  • 28 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza del 2025, ha fornito nuovi chiarimenti sull’assegno divorzile, confermando l’evoluzione interpretativa avviata negli ultimi anni.L’assegno non è più concepito come uno strumento di mera assistenza economica, ma come compenso e riequilibrio del contributo dato dal coniuge più debole alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune.La pronuncia in esame segna un punto fermo nell’applicazione dei principi introdotti dalla riforma Cartabia e dalle precedenti decisioni delle Sezioni Unite (n. 18287/2018).


Diritto di famiglia: assegno divorzile dopo la riforma Cartabia – sentenza chiave della Cassazione

L’evoluzione del concetto di assegno divorzile

Per molti anni, l’assegno divorzile è stato legato esclusivamente alla mancanza di mezzi adeguati da parte del coniuge economicamente più debole.La giurisprudenza più recente ha invece introdotto una visione più ampia, che tiene conto anche di valori non economici, come il sacrificio professionale e il contributo alla crescita della famiglia.

La Cassazione oggi considera l’assegno divorzile come avente una funzione triplice:

  • assistenziale, per garantire la sopravvivenza dignitosa dell’ex coniuge;

  • compensativa, per riconoscere il contributo dato alla famiglia durante il matrimonio;

  • perequativa, per riequilibrare le disparità patrimoniali generate dal rapporto coniugale.


Criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile

La Corte ha ribadito che il giudice deve compiere una valutazione globale e comparativa delle condizioni economiche dei coniugi, considerando:

  • la durata del matrimonio e l’età dei coniugi;

  • il contributo personale e familiare di ciascuno (cura dei figli, sostegno alla carriera del partner, gestione domestica);

  • le potenzialità lavorative e il reddito effettivo di entrambi;

  • l’eventuale disparità patrimoniale generata dalla scelta di vita comune.

In sostanza, l’assegno divorzile non è un automatismo: spetta solo se il coniuge richiedente dimostra di aver sacrificato le proprie prospettive economiche per la famiglia.


Le novità dopo la riforma Cartabia

La riforma Cartabia del processo civile ha rafforzato l’obbligo di motivazione dei giudici e introdotto maggiore attenzione al profilo compensativo e solidaristico dell’assegno.La Cassazione ha precisato che l’assegno può essere riconosciuto anche in forma temporanea o una tantum, quando ciò risponda a criteri di equità e proporzionalità.Inoltre, viene valorizzato il principio di autoresponsabilità economica, secondo cui ciascun ex coniuge deve, per quanto possibile, tendere alla propria indipendenza.


La sentenza chiave del 2025

Nel caso esaminato, la Corte ha accolto il ricorso di una donna che, dopo vent’anni di matrimonio, si era dedicata alla cura dei figli rinunciando alla carriera professionale.Il Tribunale aveva negato l’assegno, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, riconoscendo che la ricorrente aveva contribuito in modo determinante alla costruzione del patrimonio familiare e al benessere del coniuge.Secondo la Suprema Corte, negare l’assegno in casi simili svuoterebbe di significato il principio di parità sostanziale tra i coniugi.


Conclusione

La Cassazione consolida un principio fondamentale: l’assegno divorzile non è carità, ma riconoscimento del valore del contributo familiare.Il giudice deve valutare non solo la disponibilità economica, ma anche il percorso di vita comune e i sacrifici personali sostenuti durante il matrimonio.


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