Cassazione n. 5589/2025: l’affido familiare non può avere durata indeterminata
- Rachele Bordi

- 27 ott
- Tempo di lettura: 2 min
Con la sentenza n. 5589 del 2025, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio importante in materia di affido familiare: questa misura di tutela per il minore non può protrarsi per un tempo indefinito, ma deve mantenere una durata limitata e proporzionata agli obiettivi di recupero del nucleo familiare d’origine.La decisione interviene su un tema delicato, bilanciando il diritto del minore alla stabilità affettiva con il diritto dei genitori biologici al recupero della propria funzione genitoriale.

Il caso concreto
La vicenda riguardava una minore affidata sin da piccola a una famiglia affidataria.Nel corso degli anni, la situazione dei genitori biologici era progressivamente migliorata, ma i servizi sociali avevano rinnovato più volte il provvedimento di affido, fino a mantenerlo per oltre otto anni consecutivi, senza prospettare un rientro stabile nella famiglia d’origine.
I genitori avevano quindi proposto ricorso, sostenendo che un affido così lungo si traducesse, di fatto, in un allontanamento permanente, contrario alla funzione temporanea prevista dalla legge.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribadendo che l’affido familiare ha natura temporanea, finalizzata al sostegno del minore e del nucleo d’origine, non alla creazione di un nuovo assetto familiare alternativo.
Secondo la Cassazione:
l’affido non può trasformarsi in una situazione di stabilità indefinita, pena la violazione dell’art. 2 e dell’art. 30 della Costituzione;
ogni proroga deve essere adeguatamente motivata e fondata su un’attenta valutazione periodica delle condizioni familiari;
il giudice minorile deve sempre considerare il diritto del minore a mantenere i legami con la famiglia d’origine, se compatibile con il suo interesse.
I principi affermati dalla Corte
La pronuncia chiarisce alcuni punti chiave che dovranno orientare i tribunali nei futuri procedimenti di affido:
Temporaneità della misura: l’affido familiare non può diventare una forma surrettizia di adozione.
Controllo giudiziario costante: il tribunale per i minorenni deve verificare periodicamente l’effettiva necessità della prosecuzione.
Sostegno ai genitori biologici: i servizi sociali devono promuovere attivamente interventi di supporto e non limitarsi al mero rinnovo della misura.
Le implicazioni pratiche
Questa sentenza ha un impatto significativo sulla prassi dei tribunali e dei servizi sociali.Da un lato, tutela il diritto del minore a non essere sradicato definitivamente dal proprio contesto familiare; dall’altro, impone un maggiore rigore motivazionale nei provvedimenti di proroga dell’affido.
Per i genitori biologici, la pronuncia rappresenta un importante riconoscimento della possibilità di recuperare il ruolo genitoriale attraverso percorsi di sostegno documentati.Per le famiglie affidatarie, invece, riafferma la funzione di accoglienza temporanea e di accompagnamento del minore, senza creare aspettative di adozione automatica.
Un passo verso l’equilibrio tra affetto e diritto
La Cassazione, con questa decisione, ribadisce che l’interesse del minore è quello di crescere in un ambiente stabile, ma nel rispetto della propria identità e dei propri legami originari.La misura dell’affido non può diventare una condizione permanente, ma deve rimanere uno strumento di transizione e protezione.
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