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Accertamento di paternità: il rifiuto del test genetico pesa come una prova

  • Immagine del redattore: Rachele Bordi
    Rachele Bordi
  • 22 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel contesto dei giudizi di accertamento della paternità, la Cassazione ha più volte affermato che il comportamento del presunto padre ha un ruolo centrale nella valutazione delle prove. Con l’ordinanza n. 7667 del 9 marzo 2022, la Corte ribadisce un principio di enorme impatto: il rifiuto immotivato di sottoporsi al test genetico costituisce un indizio così forte da poter fondare, da solo, la decisione sullo status di figlio.

Questa posizione rafforza l’idea che l’esame ematologico e genetico sia ormai lo strumento più affidabile e determinante per stabilire la verità biologica, e che sottrarsi alla prova non possa tradursi in un vantaggio processuale.


Accertamento di paternità: il rifiuto del test genetico pesa come una prova

Perché il test genetico è decisivo nell’accertamento di paternità

I giudici sottolineano che l’esame genetico offre margini di sicurezza elevatissimi, consentendo:

  • la verifica di compatibilità tra il patrimonio genetico del figlio e quello del presunto padre;

  • l’esclusione scientificamente certa della paternità, quando vi siano incompatibilità;

  • una conferma praticamente definitiva quando la compatibilità risulta positiva.

Per questo la giurisprudenza ritiene l’esame un mezzo di prova “principe”.Sottrarsi al test, quindi, rappresenta un gesto che il giudice può valutare come indizio fortemente significativo.


Il rifiuto: un indizio che può bastare da solo

Secondo la Cassazione, il rifiuto consapevole del presunto padre di sottoporsi agli accertamenti immuno-ematologici:

  • ha un valore indiziario molto elevato;

  • può integrare la dimostrazione della paternità anche in assenza di prova completa della relazione tra l’uomo e la madre;

  • non richiede ulteriori conferme quando il comportamento appare finalizzato a sottrarsi alla verità biologica.

Rigettata, quindi, l’idea che la madre debba dimostrare l’esistenza della relazione o dell’incontro sessuale: quando l’uomo evita il test, è proprio quel rifiuto a colmare la mancanza di altre prove dirette.


Perché questo orientamento tutela il diritto del figlio alla verità

L’obiettivo della giurisprudenza è garantire il diritto fondamentale del figlio all’identità personale e ai rapporti familiari.Ammettere che il presunto padre possa eludere la prova genetica, impedendo così l’accertamento dello status, equivarrebbe a negare questo diritto.

Per questo la Corte adotta un approccio rigoroso: la verità biologica deve prevalere e non può essere ostacolata da condotte dilatorie o strumentali.


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