Comunione legale e beni ereditati: quando entrano nella divisione tra coniugi
- Rachele Bordi

- 18 nov
- Tempo di lettura: 2 min
Nel regime di comunione legale, alcuni beni restano esclusi per espressa previsione normativa: tra questi, quelli che uno dei coniugi riceve per successione o donazione. Tuttavia, l’ordinanza n. 8563 del 27 marzo 2023 della Cassazione chiarisce un punto essenziale: anche i beni ereditati possono finire nella regolamentazione patrimoniale della separazione, se il coniuge titolare decide volontariamente di disporne a favore dell’altro.
Il caso esaminato riguarda un marito che contestava l’attribuzione alla moglie di alcuni beni, sostenendo che essi provenissero dalla successione del suo genitore e fossero quindi esclusi dalla comunione legale. Una tesi respinta dai giudici, che hanno ricostruito la vicenda in modo diverso: anche se il bene è personale, il coniuge può liberamente includerlo negli accordi di separazione.

Il punto chiave: il coniuge può disporre dei beni esclusi dalla comunione
La Cassazione non mette in discussione il principio generale:
i beni pervenuti per successione sono beni personali;
non entrano automaticamente nella comunione legale;
non possono essere rivendicati dall’altro coniuge come comuni.
Tuttavia, la questione non si esaurisce qui. I giudici aggiungono un passaggio decisivo: gli accordi di separazione non coincidono con lo scioglimento della comunione legale, ma hanno la funzione di disciplinare i rapporti patrimoniali tra i coniugi in vista della nuova organizzazione familiare.
Per questo:
nulla vieta al coniuge proprietario di un bene personale di trasferirlo, dividerlo o attribuirlo all’altro;
tale disposizione è pienamente valida se inserita negli accordi di separazione;
non si tratta di un atto vietato, né di una violazione delle norme sulla comunione.
La Corte, infatti, sottolinea che non esiste alcuna norma che impedisca a un coniuge di usare un bene personale come elemento della trattativa patrimoniale legata alla separazione.
In altre parole: essere titolare esclusivo del bene non significa non poterne disporre liberamente, anche nell’ambito di un accordo di natura familiare.
Perché la contestazione del marito non regge
Il marito sosteneva che i giudici avessero sbagliato ad attribuire quei beni alla moglie perché provenienti da eredità. Ma la Cassazione osserva:
anche se fosse stato effettivamente proprietario di una quota ereditaria,
egli aveva comunque disposto volontariamente di quei beni durante la divisione;
ciò rende legittima l’attribuzione, perché nessuna norma vieta di includere beni personali nella regolamentazione della separazione.
Ne consegue che il coniuge non può contestare a posteriori un accordo liberamente sottoscritto, soprattutto se fondato su una disposizione patrimoniale che la legge consente pienamente.
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