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Casa coniugale e assegnazione al coniuge richiedente: la Cassazione esclude l’assegnazione se i figli non vi risiedono stabilmente

  • Immagine del redattore: Rachele Bordi
    Rachele Bordi
  • 2 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

Con l’ordinanza n. 13138 del 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto centrale del diritto di famiglia in materia di separazione e divorzio: l’assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario o collocatario dei figli non può essere disposta se i figli non risiedono stabilmente nell’immobile.La decisione conferma un orientamento ormai consolidato che collega strettamente il diritto di godimento della casa familiare alla tutela dell’interesse dei figli minori o non autosufficienti, e non al mero bisogno abitativo dell’ex coniuge.


Con l’ordinanza n. 13138 del 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto centrale del diritto di famiglia in materia di separazione e divorzio: l’assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario o collocatario dei figli non può essere disposta se i figli non risiedono stabilmente nell’immobile. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato che collega strettamente il diritto di godimento della casa familiare alla tutela dell’interesse dei figli minori o non autosufficienti, e non al mero bisogno abitativo dell’ex coniuge.  Il caso esaminato  Una donna, dopo la separazione, aveva richiesto l’assegnazione della casa familiare in quanto madre dei due figli maggiorenni, ma non ancora economicamente indipendenti. Tuttavia, era emerso che entrambi i figli vivevano stabilmente in un’altra città per motivi di studio e lavoro, tornando solo saltuariamente nell’abitazione originaria.  Il Tribunale aveva rigettato la richiesta di assegnazione, decisione confermata anche in appello. La donna ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la mera qualità di genitore dei figli non autonomi fosse sufficiente a mantenere il diritto all’abitazione familiare.  Il principio stabilito dalla Cassazione  La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che:  “Il presupposto essenziale per l’assegnazione della casa familiare è la stabile e abituale dimora dei figli nell’immobile, poiché la funzione dell’istituto è esclusivamente quella di assicurare la continuità dell’habitat domestico ai minori o ai figli economicamente non autosufficienti.”  In altre parole, l’assegnazione non è un diritto personale del coniuge, ma uno strumento di tutela della prole. Quando i figli non vivono più stabilmente nella casa, viene meno la ratio che giustifica il provvedimento di assegnazione.  Cosa comporta questa decisione nella pratica  La Cassazione rafforza un principio già espresso in precedenti pronunce:  il genitore affidatario o collocatario può ottenere l’assegnazione solo se i figli risiedono abitualmente nella casa;  il trasferimento di residenza o la stabile dimora altrove comportano la revoca dell’assegnazione;  il coniuge proprietario o comproprietario dell’immobile può chiedere la restituzione del bene una volta cessata la convivenza effettiva dei figli.  Implicazioni per i genitori separati o divorziati  Questa ordinanza assume rilievo anche in fase di negoziazione assistita o mediazione familiare: gli accordi sulla casa coniugale devono tenere conto della reale situazione abitativa dei figli, evitando clausole generiche o non coerenti con la loro effettiva residenza.  Inoltre, la sentenza invita i giudici di merito a verificare concretamente la presenza stabile dei figli nell’immobile, attraverso prove documentali, anagrafiche e testimonianze.  Conclusioni  L’ordinanza n. 13138/2025 ribadisce che il diritto alla casa familiare non è legato al coniuge in sé, ma alla tutela dell’interesse concreto dei figli. Quando tale interesse viene meno, anche il diritto di assegnazione si estingue automaticamente.  Call to Action  Se stai affrontando una separazione o un divorzio e vuoi comprendere come tutelare i tuoi diritti sulla casa familiare, è fondamentale ricevere un’analisi personalizzata. Sono un avvocato esperto in diritto di famiglia e posso assisterti nella gestione delle questioni patrimoniali e abitative legate alla crisi coniugale, per trovare la soluzione più equa e sostenibile nel tuo caso.

Il caso esaminato

Una donna, dopo la separazione, aveva richiesto l’assegnazione della casa familiare in quanto madre dei due figli maggiorenni, ma non ancora economicamente indipendenti.Tuttavia, era emerso che entrambi i figli vivevano stabilmente in un’altra città per motivi di studio e lavoro, tornando solo saltuariamente nell’abitazione originaria.

Il Tribunale aveva rigettato la richiesta di assegnazione, decisione confermata anche in appello. La donna ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la mera qualità di genitore dei figli non autonomi fosse sufficiente a mantenere il diritto all’abitazione familiare.


Il principio stabilito dalla Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che:

“Il presupposto essenziale per l’assegnazione della casa familiare è la stabile e abituale dimora dei figli nell’immobile, poiché la funzione dell’istituto è esclusivamente quella di assicurare la continuità dell’habitat domestico ai minori o ai figli economicamente non autosufficienti.”

In altre parole, l’assegnazione non è un diritto personale del coniuge, ma uno strumento di tutela della prole.Quando i figli non vivono più stabilmente nella casa, viene meno la ratio che giustifica il provvedimento di assegnazione.


Cosa comporta questa decisione nella pratica

La Cassazione rafforza un principio già espresso in precedenti pronunce:

  • il genitore affidatario o collocatario può ottenere l’assegnazione solo se i figli risiedono abitualmente nella casa;

  • il trasferimento di residenza o la stabile dimora altrove comportano la revoca dell’assegnazione;

  • il coniuge proprietario o comproprietario dell’immobile può chiedere la restituzione del bene una volta cessata la convivenza effettiva dei figli.


Implicazioni per i genitori separati o divorziati

Questa ordinanza assume rilievo anche in fase di negoziazione assistita o mediazione familiare:gli accordi sulla casa coniugale devono tenere conto della reale situazione abitativa dei figli, evitando clausole generiche o non coerenti con la loro effettiva residenza.

Inoltre, la sentenza invita i giudici di merito a verificare concretamente la presenza stabile dei figli nell’immobile, attraverso prove documentali, anagrafiche e testimonianze.


Conclusioni

L’ordinanza n. 13138/2025 ribadisce che il diritto alla casa familiare non è legato al coniuge in sé, ma alla tutela dell’interesse concreto dei figli.Quando tale interesse viene meno, anche il diritto di assegnazione si estingue automaticamente.



Se stai affrontando una separazione o un divorzio e vuoi comprendere come tutelare i tuoi diritti sulla casa familiare, è fondamentale ricevere un’analisi personalizzata.Sono un avvocato esperto in diritto di famiglia e posso assisterti nella gestione delle questioni patrimoniali e abitative legate alla crisi coniugale, per trovare la soluzione più equa e sostenibile nel tuo caso.

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