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Ingresso e soggiorno illegale: la Consulta conferma la validità del reato e respinge la depenalizzazione

  • Immagine del redattore: Rachele Bordi
    Rachele Bordi
  • 15 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

La posizione della Corte costituzionale sulla depenalizzazione

Con la sentenza n. 88 del 14 maggio 2024, la Corte costituzionale ha affrontato la questione relativa alla possibile depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Il dubbio era stato sollevato dal Tribunale di Firenze, che riteneva potenzialmente superata la natura penale della fattispecie, essendo punita con la sola ammenda.

La Consulta, però, ha confermato che l’omessa depenalizzazione non viola alcun principio costituzionale e che il legislatore ha agito nel rispetto della delega ricevuta.


Ingresso e soggiorno illegale: la Consulta conferma la validità del reato e respinge la depenalizzazione

Depenalizzazione “cieca” e depenalizzazione nominativa: due piani distinti

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione dei criteri fissati dalla legge delega n. 67/2014. La Corte ha chiarito che la depenalizzazione si articola su due binari diversi:

  • depenalizzazione “cieca”, che trasforma automaticamente in illeciti amministrativi solo i reati puniti con la sola ammenda, salvo specifiche materie escluse;

  • depenalizzazione nominativa, che riguarda reati individuati uno per uno dal legislatore.

Secondo i giudici, il reato di ingresso e soggiorno illegale non rientra nel primo criterio, ma è stato collocato nella categoria della depenalizzazione nominativa. Questo rende coerente l’art. 1, comma 4, del d.lgs. 8/2016, che stabilisce quali reati rientrano effettivamente nel processo di trasformazione.


Perché il reato non è stato depenalizzato

Il Tribunale di Firenze aveva sostenuto che la sanzione esclusivamente pecuniaria avrebbe imposto automaticamente la depenalizzazione del reato in questione. Tuttavia, la Corte costituzionale ha respinto tale lettura, evidenziando che:

  • la delega non imponeva una depenalizzazione generalizzata;

  • il legislatore ha esplicitamente collocato il reato di ingresso e soggiorno illegale tra quelli da valutare singolarmente;

  • la scelta di mantenerne la rilevanza penale rientra nella discrezionalità del Parlamento.

In altre parole, la permanenza della natura penale della condotta non è frutto di un errore, ma di una scelta normativa coerente con la struttura della delega.


Il rilievo sistematico della decisione

La sentenza n. 88/2024 conferma la volontà dello Stato di mantenere una tutela penale nel controllo dell’ingresso irregolare e del soggiorno non autorizzato, considerati reati funzionali alla gestione delle politiche migratorie.

Secondo la Corte, l’esclusione dalla depenalizzazione non crea disparità né contrasta con i principi di ragionevolezza o proporzionalità, poiché il mantenimento della sanzione penale risponde a un preciso disegno legislativo che bilancia sicurezza pubblica e disciplina dell’immigrazione.


Conclusioni

La pronuncia della Consulta chiude il dibattito: il reato di ingresso e soggiorno illegale resta pienamente valido e non è oggetto di depenalizzazione automatica. Il legislatore ha esercitato legittimamente la sua discrezionalità, distinguendo tra depenalizzazione “cieca” e interventi mirati sui singoli reati.


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